Metformina: dagli usi tradizionali alle nuove frontiere anti-aging

La metformina, principio attivo appartenente alla categoria delle biguanidi, è tra i farmaci anti-iperglicemizzanti maggiormente prescritti nel trattamento del diabete mellito di tipo 2, per l’efficacia e la buona tollerabilità nella cura della malattia.

I suoi effetti non creano fasi di ipoglicemia ma determinano una diminuzione della produzione epatica di glucosio, con un conseguente abbassamento dei livelli di glicemia, trigliceridemia e colesterolemia e un miglioramento della condizione di insulino-resistenza. Può causare effetti collaterali che coinvolgono l’apparato gastrointestinale e viene prescritta anche nei casi di pre-diabete, quando si manifesta un’elevata glicemia a digiuno e scarsa tolleranza ai carboidrati, per l’obesità e per la sindrome dell’ovaio policistico.

Storia della metformina: dalle origini ad oggi

La storia della metformina risale al XVII secolo quando gli estratti delle foglie della Galega officinalis, pianta con proprietà tipiche della metformina, utilizzata fin dal Medioevo per trattare i sintomi simili al diabete, venivano usati per curare la peste, i morsi di serpente e altri disturbi. La proprietà antiglicemica della Galega officinalis fu descritta per la prima volta nel 1653 nel Complete Herbal di Culpeper, botanico e medico inglese.

Nel 1922, metformina, fenformina e buformina, molecole biguanidi simili, furono sintetizzate da Werner e Bell, e i loro studi dimostrarono che le sostanze biguanidi riducevano la glicemia negli animali da laboratorio.

Illustrazione di “Galega officinalis”

Grazie agli studi sulla cura del diabete nell’uomo, svolti dal medico francese Jean Sterne, la metformina fu utilizzata in Europa dagli anni ‘50. Venne poi approvata anche negli Stati Uniti solo nel 1995, dopo ulteriori approfondimenti, per rischi di acidosi lattica molto maggiori nella fenformina e nella buformina. Negli anni 2000, ulteriori studi svolti presso i National Institutes of Health, hanno dimostrato che la metformina prolunga la vita e la salute nei topi da laboratorio e altri studi ancora osservano che la metformina può ridurre la mortalità negli esseri umani per malattie legate all’invecchiamento.

Molecole con proprietà simili alla metformina: confronto e analisi

Tra le molecole con analoga azione ipoglicemizzante, troviamo la fenformina e la buformina, sostanze biguanidi ritirate dal commercio negli anni ‘70, a causa della loro pericolosità per l’elevato rischio di acidosi lattica.

Altri ipoglicemizzanti, usati nelle forme di diabete non insulino-dipendenti e per le quali non è indicata la metformina, sono i farmaci appartenenti alla classe dei glitazoni (o tiazolidinedioni – TDZ), che aumentano nei tessuti la sensibilità all’insulina. Fanno parte di questa categoria il pioglitazone, il rosiglitazone e il troglitazone (quest’ ultimo ritirato dal commercio per epatotossicità), nati come farmaci innovatori nella cura del diabete ma non privi di segnalazioni di severi effetti avversi, come edema maculare, aumento delle fratture degli arti a causa della riduzione della densità ossea, e infarto del miocardio nel caso del rosiglitazone, cancro alla vescica nel caso del pioglitazone. Effetti gravi che hanno portato la comunità scientifica a rivalutare il rapporto rischio-beneficio e la valutazione della sicurezza e dell’ efficacia di tali farmaci.

Altra molecola con azione simile alla metformina è la berberina, un alcaloide isochinolinico presente nella Berberis Aristata. E’ una sostanza naturale estratta da varie specie di piante della famiglia delle Berberidaceae (Berberis Vulgaris, Berberis Aquifolium, Berberis Aristata), usata nella medicina tradizionale cinese come rimedio per la dissenteria, grazie alla sua azione regolatrice della motilità intestinale.

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature, nel 2004, ha rivalutato la berberina per le sue proprietà ipoglicemizzanti e ipolipemizzanti (anti-colesterolo e anti-trigliceridi). Proprietà che migliorano il quadro lipidico e glucidico, combattendo il colesterolo LDL senza ostacolare l’enzima HMG CoA-reduttasi, quindi con un meccanismo diverso da quello che si attiva con le statine, spesso causa di dolori muscolari e disturbi epatici.

La berberina ha, inoltre, il vantaggio di essere sicura, non essendo epatotossica, e di svolgere anche un’azione anti-steatosica e anti-infiammatoria, ma può dare leggeri effetti collaterali come bruciori di stomaco o stipsi, flatulenza e meteorismo. Ha una  scarsa biodisponibilità, dovuta alla sua massiccia eliminazione dall’intestino attraverso i trasportatori ABC, cellule farmaco-estrusori presenti nell’intestino, che eliminano circa il 90% della berberina assunta per via orale.

Per contrastare questo problema, viene usata in abbinamento alla silimarina, sostanza estratta da una miscela di silibina, silicristina e silidianina, principi attivi presenti nel cardo mariano (silybum marianum), che ne ottimizza l’assorbimento e svolge un’azione antiossidante.

Studi clinici ed evidenze scientifiche sulla berberina

Uno studio del 2015 condotto da ricercatori del Dipartimento Medico-Chirurgico di Internistica Clinica e Sperimentale della Seconda Università di Napoli e del Centro antidiabete AID di Portici, relativo agli Effetti metabolici dell’associazione berberina-silimarina vs placebo in diabetici tipo 2 obesi e ipercolesterolemici, ha valutato la riduzione di grasso addominale in pazienti diabetici di tipo 2 in sovrappeso, in regime dietetico e trattati con berberina e silimarina, rispetto a pazienti trattati con placebo; si è controllata la percentuale di circonferenza vita, di grasso del tronco e di grasso viscerale, prima con una bioimpedenziometria e poi dopo sei mesi di trattamento.

I risultati ottenuti hanno evidenziato una riduzione di peso corporeo e circonferenza vita nei pazienti trattati con berberina e silimarina, rispetto al trattamento con placebo  e si è osservato che l’azione combinata di berberina e silimarina ha migliorato l’insulino-sensibilità e la colesterolemia, senza produrre effetti indesiderati.

Un ulteriore studio clinico, effettuato nel 2020 da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Pavia, dal titolo Efficacia della Berberis Aristata paragonata alla metformina nel migliorare il controllo glicemico e l’insulino-resistenza nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, ha valutato l’efficacia della somministrazione di Berberis aristata e Silybum marianum in pazienti affetti da diabete, non in terapia con farmaci antidiabetici. Lo studio ha osservato l’andamento di emoglobina glicata, indice homa, profilo lipidico e trigliceridi per sei mesi in 109 pazienti diabetici di tipo 2, “naive” e sottoposti a dieta e attività fisica. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, in relazione al valore di partenza dell’emoglobina glicata e alla terapia somministrata:

  • 1° gruppo composto da 54 pazienti con valori di emoglobina glicata tra 6.5 e 7.5%, dei quali metà trattati con due compresse al giorno di nutraceutico e metà trattati con due compresse al giorno di metformina;
  • 2° gruppo composto da 55 pazienti con valori di emoglobina glicata tra 7.5 e 8.5%, dei quali 30 trattati con tre compresse al giorno di nutraceutico e 25 trattati con tre compresse al giorno di metformina.

Al termine del semestre, si è osservato che in tutti i pazienti dei due gruppi, entrambe le terapie (berberina con silimarina e metformina) hanno ridotto i parametri glucidici senza differenze significative, mentre per quanto riguarda i parametri lipidici, in tutti i pazienti dei due gruppi il preparato nutraceutico ha ridotto il colesterolo totale, il colesterolo LDL e i trigliceridi, in maniera significativa rispetto alla metformina.

I risultati dello studio hanno evidenziato come la combinazione berberina-silimarina possa essere una soluzione al problema della bassa biodisponibilità della berberina e un aiuto per il miglioramento del quadro lipidico e glucidico nei pazienti diabetici di tipo 2 “naive”, rappresentando una valida alternativa alla metformina.

Applicazioni terapeutiche della metformina oltre il diabete

La metformina è oggetto di continue ricerche per le sue potenziali applicazioni terapeutiche e le sue importanti caratteristiche, quali le proprietà anti-tumorali, derivanti dall’azione anti-iperglicemica che blocca la proliferazione delle cellule neoplastiche, che sfruttano la glicolisi anaerobica per crescere, e la sua possibile azione anti-invecchiamento.

La possibile azione anti-aging rivelata dagli studi

Alcuni studi epidemiologici hanno rivelato l’effetto geroterapico della metformina nel ridurre l’incidenza di molteplici malattie legate all’età, sia nei diabetici che nei non diabetici, effetto derivante dalle sue proprietà insulino-sensibilizzanti e anti-iperglicemizzanti. Studi clinici, tra cui il programma di prevenzione del diabete (DPP) nei non diabetici e lo studio prospettico sul diabete nel Regno Unito (UKPDS United Kingdom Prospective Diabetes Study) nei diabetici, supportano il ruolo della metformina contro il diabete e nella riduzione del rischio di malattie cardiovascolari. Studi di associazione suggeriscono una diminuzione dell’incidenza della maggior parte dei tumori legati all’età, il morbo di Alzheimer, mentre studi clinici supportano il ruolo della metformina nella diminuzione del declino cognitivo e nella riduzione della mortalità nei diabetici che assumono metformina rispetto ai non diabetici.

Nir Barzilai, geriatra e direttore dell’Institute for Aging Research dell’Albert Einstein College di New York, è tra i maggiori esperti di longevità al mondo. Nel suo libro, Age later, si sofferma sulla metformina come chiave per la longevità, ritenendo che la sua azione non si limiti solo alla cura del diabete ma si estenda anche alla regolazione dell’invecchiamento ed è sicura per l’uso a lungo termine. Importanti studi clinici sono effettuati per determinare se la metformina può compensare l’invecchiamento e prolungare la durata della vita.

MILES (Metformin in Longevity Study)

Il MILES (Metformin in Longevity Study) è uno studio clinico crossover, in cui 14 pazienti anziani, con ridotta tolleranza al glucosio, sono stati trattati con metformina con una dose di 1700 mg/giorno per sei settimane, per valutare se il trattamento con metformina ripristinerà il profilo di espressione genica degli anziani con ridotta tolleranza al glucosio (IGT) a quello dei soggetti giovani sani.

TAME (Targeting Aging with Metformin)

Il TAME (Targeting Aging with Metformin) è uno studio più ampio, progettato per valutare se il trattamento con metformina (1500 mg/giorno) in tremila soggetti di diversa etnia, di età compresa tra i 65 e gli 80 anni, per 6 anni, ritarderà l’insorgenza di malattie legate all’età. I risultati clinici previsti includono dati sulla comparsa di nuove malattie croniche legate all’età, misure di deterioramento cognitivo, biomarcatori per l’infiammazione e la senescenza. All’inizio del 2022, TAME deve ancora iniziare e non è pubblicato su https://clinicaltrials.gov

La metformina resta sempre di particolare interesse nella ricerca clinica sull’invecchiamento, poiché può influenzarne i fattori fondamentali alla base di molteplici condizioni legate all’età. Sono in corso ulteriori studi clinici, i cui risultati aiuteranno nelle decisioni future relative all’estensione dell’uso clinico della metformina come farmaco geroprotettivo.

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