Metodi di preparazione dei liposomi

Rotavapor

Esistono vari metodi di preparazione dei liposomi, tradizionali e innovativi, dai quali dipendono la tipologia e le dimensioni dei liposomi ottenuti.

I metodi tradizionali per la produzione di liposomi prevedono quattro fasi principali: 

  • essiccazione dei lipidi da solventi organici;
  • dispersione dei lipidi in un mezzo acquoso;
  • purificazione dei liposomi ottenuti; 
  • eventuali fasi di post-elaborazione come la sonicazione con sonda o bagno o l’estrusione.

Il Thin Layer Hydration Method (TLH) (metodo di idratazione dello strato sottile), più noto come metodo Bangham, è stata la prima tecnica usata per la produzione di liposomi eseguita a temperatura e pressione ambiente. Dopo le scoperte di Bangham, nei primi anni sessanta, per circa quarant’anni si è continuato ad ottenere liposomi utilizzando metodi convenzionali, che presentavano inconvenienti legati soprattutto alla presenza di solventi organici. Di seguito ne sono elencati alcuni:

  • metodo di iniezione con etanolo: i lipidi sono disciolti in una fase organica a cui segue un’iniezione di soluzione lipidica nella massa d’acqua contenente un farmaco idrofilo. E’ un metodo semplice perchè lavora in assenza di pressione ma nella sospensione finale resta un residuo di etanolo difficile da rimuovere.
  • metodo con emulsione: i lipidi sono disciolti in un solvente organico e mescolati poi con una soluzione per formare un’emulsione acqua in olio; la miscela viene poi aggiunta a un’altra soluzione d’acqua per formare una doppia emulsione acqua-olio-acqua. Il solvente viene evaporato generando una sospensione liposomiale acquosa. Con questo metodo, che non funziona in modo continuo, si ottengono vescicole micrometriche e multivescicolari e grandi quantità di solvente organico devono essere eliminate.
  • metodo dell’evaporazione in fase inversa: si basa sulla formazione di goccioline d’acqua circondate da lipidi e disperse in un solvente organico per formare un’emulsione acqua in olio. Poiché i fosfolipidi si comportano come tensioattivi, si riorganizzano tra l’acqua e l’olio creando micelle invertite. Il solvente viene eliminato lentamente e le micelle trasformate in gel. Con questa tecnica si ottiene una efficienza di incapsulamento tra il 30% e il 65%.

Questi metodi sono connotati da molti limiti, fra cui la formazione di liposomi di dimensioni micrometriche, bassa efficacia di incapsulamento del farmaco (20-30%), bassa biocompatibilità con i tessuti umani, difficoltà nella rimozione del solvente organico utilizzato, dannoso sia per l’ambiente e la salute, sia per le alte concentrazioni residue nei prodotti finali.

La scelta di lavorare a temperatura e pressione ambiente ha determinato la necessità di aggiungere ulteriori fasi di post-elaborazione per ottenere dimensioni nanometriche delle vescicole. Infine, gli elevati costi di produzione e la bassa riproducibilità dei processi, essendo processi che non lavorano in continuo, li hanno resi poco efficaci e sicuri e per questo non facilmente proponibili al mercato.

Altri metodi più recenti, ma che comunque presentano problematiche di produzione non completamente risolte, sono:

  • metodo della liofilizzazione: è caratterizzato da due passaggi che prevedono prima il congelamento del campione a – 40° C, poi l’essiccazione a temperatura ambiente; dopo aver aggiunto acqua il sistema liofilizzato forma spontaneamente vescicole lipidiche.
  • metodo del canale microfluidico: consiste nell’iniettare una soluzione lipidica nel canale centrale di alimentazione mentre le soluzioni acquose vengono trasportate dai canali laterali, che intersecano il canale principale, nel centro del supporto. I liposomi sono creati nei canali esterni. Prevede elevati costi di produzione.
  • metodo di riscaldamento: non implica l’uso di solventi organici, perché i fosfolipidi sono aggiunti alla soluzione acquosa insieme al 3% v/v di glicerolo, lavorando a temperatura bagno di 120°C. Il glicerolo è un agente isotonico solubile in acqua, capace di aumentare la stabilità delle vescicole.
  • metodo con ultrasuoni: gli ultrasuoni sono utilizzati in molte applicazioni mediche, come imaging, analisi del flusso sanguigno, odontoiatria, liposuzione, ablazione di tumori e fibromi e rottura dei calcoli renali. In passato, gli ultrasuoni a bassa frequenza (LFUS) erano il metodo principale per ridurre le dimensioni delle vescicole multilamellari (intervallo di micron) in piccole vescicole unilamellari (scala nano). Di recente, è stata dimostrata la capacità degli ultrasuoni di indurre il rilascio localizzato e controllato del farmaco dai liposomi, utilizzando effetti termici e/o meccanici. 

La tecnologia supercritica

Dagli anni ‘90 in poi, con la diffusione dei concetti di chimica verde, sono state studiate le tecnologie supercritiche, con un grande interesse per i fluidi supercritici, per superare gli svantaggi presentati dai metodi convenzionali e per ottenere dimensioni nanometriche in modo ripetibile.

Grafica impianto iodo

I solventi convenzionali sono stati sostituiti parzialmente o totalmente con anidride carbonica supercritica, con conseguente aumento della biocompatibilità nella somministrazione del farmaco. Il vantaggio principale derivante dall’uso di CO₂ è l’eliminazione dei solventi organici caratterizzati da elevata tossicità, che hanno un impatto ambientale piuttosto significativo. Inoltre, la tecnologia supercritica, essendo atossica, comporta un ridotto impatto ambientale e un maggiore controllo della granulometria dei liposomi e garantisce ripetibilità e versatilità del processo.

Il processo Supercritical Particle Formation (SPAF) è un sistema innovativo rispetto ai metodi precedenti, non solo perché crea una valida alternativa a quanto ottenuto finora, ma soprattutto perché raggiunge un importante obiettivo, grazie all’eliminazione del contenuto liquido dai liposomi e alla conseguente produzione di polvere essiccata, più sicura della sospensione di liposomi liquidi. 

Si basa sull’integrazione combinata della produzione assistita supercritica con tecniche di essiccazione (liofilizzazione ed essiccazione a spruzzo) e macinazione finale a tamburo. E’ un metodo efficace perché preserva i principi attivi ed elimina il contenuto acquoso dai liposomi congelati tramite sublimazione, trasformandoli poi in una polvere fine e omogenea attraverso la liofilizzazione. In questo processo, la liofilizzazione è utilizzata come fase accessoria realizzata a valle del processo supercritico, a differenza del ruolo che aveva nei metodi convenzionali, nei quali era utilizzata come procedimento di partenza. 

Inoltre, l’eliminazione totale dei liquidi dalla sospensione liposomiale evita ogni possibilità di degradazione dovuta alla loro presenza.

La trasformazione in polvere darà una maggiore stabilità per anni di stoccaggio a temperatura ambiente, senza significativa esposizione a fonti di calore, e una maggiore stabilità del prodotto finale, consentendo una conservazione a lungo termine del farmaco intrappolato, senza una perdita significativa di efficacia.

Pertanto, la produzione di vescicole lipidiche con la combinazione di fluidi supercritici e liofilizzazione rappresenta un progresso significativo nella creazione di integratori alimentari più sicuri, efficaci e sostenibili. La ripetibilità di questo processo sarà un’altra caratteristica essenziale per garantire una distribuzione coerente ed efficace di bioattivi e integratori alimentari.

riferimenti bibliografici: 

  • Sofia, D., Moffa, M., & Trucillo, P. (2025). Supercritical PArticle formation (SPAF) process for the versatile production of ready-to-market drug delivery systems. Chemical Engineering Science, 302, 120918.
  • Trucillo P., (2017) Nanosomi: un nuovo traguardo. Chimica e Nanotecnologie
  • Schroeder, A., Kost, J., & Barenholz, Y. (2009). Ultrasound, liposomes, and drug delivery: principles for using ultrasound to control the release of drugs from liposomes. Chemistry and physics of lipids, 162(1-2), 1-16.

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